La prima volta che ho incrociato il suo sguardo ero impicciata: un sacco di lavoro da fare e poco tempo per farlo. Il solito tran tran ma con l’angoscia e il pressing dei colleghi. “Su muoviti. E’ pronto? Ci vuole molto?”. Non gli ho dato retta. A mala pena l’ho salutato: “Ciao” e un cenno con la testa. Ancora mi domando se lo ha sentito. Forse no, ma ha risposto con un sorriso, in ogni caso ha capito. Lui è un vip, nella fattispecie il classico uomo di mezza età: belloccio dalla chioma folta, intelligente e carismatico. Ha creato la sua fortuna grazie a un acume spiccato, condito da un buon senso critico e una verve ironica invidiabile. Insomma, uno dei pochi che è emerso per meriti. Quel giorno non sono riuscita ad avvicinarlo per scambiare una parola. Tanto ci saremmo rivisti, ancora lì in ufficio, anche se preferivo presentarmi subito in modo che si ricordasse di me. Peccato, carpe diem sfuggito.
L’ho rincontrato per caso qualche sera fa. Mi trovavo in compagnia di Alberto, intenta a parlare dei vecchi tempi, che il belloccio famoso mi spunta alle spalle. Lui e Alberto si conoscono e attaccano a parlare di calcio: “Secondo te il Milan… la sceneggiata di Dida…”. Mi sorbisco queste lunghe chiacchiere: “Hai sentito cosa ha detto Galliani? … ne hanno già fatto una barzelletta… non è una bella figura…” I minuti passano, Alberto non mi degna di uno sguardo e mi domando: “Ma guarda questo che ci ha disturbati!”. Dopo i ricchi commenti (o pettegolezzi) calcistici finalmente si presenta, mi stringe (troppo) la mano, tenta un complimento senza convinzione e sparisce velocemente, così come è arrivato. La conversazione sul Milan era necessaria? Mannaggia al calcio.
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