20 giugno, 2015

Quel vestito del 1994 griffato Moschino


Nel 1994 non avevo molti soldi per lo shopping
. Da studentessa universitaria risparmiavo su tutto per poter comprare qualche abito carino con i saldi. Al tempo vivevo a Roma e spesso visitavo un bel negozietto dalle parti di Piazza Bologna. Il proprietario mi conosceva, mi vedeva spesso curiosare tra le stampelle, e ogni tanto acquistavo qualche capo.

Nell'estate del '94 avevo messo gli occhi su un abitino di Moschino, color rosso fuoco. Sexy, molto sexy. Corto, molto corto. Da indossare senza reggiseno. Costava troppo per le mie tasche e speravo di trovarlo a prezzo scontato a luglio. E così è stato. Taglia 38. Troppo piccolo per una donna di corporatura normale. Perfetto per un fuscello come me.

Quel vestito è stato l'affare della mia vita. A ottobre di quell'anno lo stilista Franco Moschino è morto. Quel vestito è una delle sue ultime creazioni, per cui l'ho tenuto sempre come un cimelio da trattare con i guanti di velluto. L'ho indossato poche volte e in occasioni speciali. L'ho portato sempre in lavanderia. E oggi, a distanza di 20 anni, è ancora perfetto, mettibile e mi sta d'incanto (per fortuna non ho cambiato taglia).

L'ho sfoggiato la settimana scorsa a un aperitivo, facendo un figurone. Nessuno ha pensato che quel vestito ha 4 lustri addosso. Quando ho detto alle amiche che l'abito è del 1994, mi hanno risposto: "Davvero? Sembra nuovissimo". Le cose belle e di qualità non hanno tempo.

19 giugno, 2015

Arriva la notiziona e mi comporto da bimba


Il telefono squilla
. E' il boss dei boss che mi comunica una bella notizia. Anzi, una fantastica notizia! Quasi non ci credo. Sono così felice che mi metto a urlargli al telefono e pesto i piedi come una ragazzina. Sono alle stelle! Non riesco a star ferma.

Chiedo scusa al boss per il mio comportamento poco professionale, ma non ci posso fare nulla: la notiziona è inaspettata e non sto più nella pelle. Una reazione esagerata? Può darsi. Non tanto quanto quella della mamma che appena viene a sapere si mette a piangere.

Dopo la telefonata vado a parlare con la capa che mi spiega i dettagli della cosa. Sono ancora agitata, sudo come in una sauna e sorrido, sorrido, sorrido. Ho la paresi del sorriso stampata in viso. Ho ancora voglia di saltare e pestare i piedi. Che sensazione paradisiaca!

L'effetto della notizia - una gioia infinita - dura per ore. Non posso fare a meno di pensare che la vita è imprevedibile, ha sempre qualche sorpresa da proporci. Sta a noi aspettare con fiducia che le meraviglie accadano. Perché accadono, prima o poi.

18 giugno, 2015

Gli amici che non ci sono più


L'anno scorso ho perso due amici
. Coetanei stroncati da malori improvvisi. Sono mancati in un attimo, forse non se ne sono neanche accorti o almeno spero che non abbiano sofferto. Due ragazzi, giovani, pieni di vita, di voglia di fare e di speranza per il futuro. La notizia della loro morte mi ha sconvolta. I saluti in una fredda camera mortuaria mi hanno scioccata. Ma com'è possibile? Come si può morire da giovani per un infarto o un ictus?

Anche se questi amici non ci sono più, rimangono nella memoria. E non solo. Sono ancora miei amici di Facebook e Twitter. Ho il loro numero di telefono e la loro foto è su Whatsapp, con lo stato inalterato da molti mesi. Insomma, i canali social con loro sono rimasti aperti e questo mi dà una bella sensazione, come se avessi ancora la possibilità di contattarli, di mandare messaggi. Non ci sono, ma ci sono. Ho reso l'idea, vero?

16 giugno, 2015

Abitudine o amore?


Scegliere non è mai facile
. Soprattutto quando una decisione porta a un cambiamento drastico, come quando ci si pone davanti a un bivio e bisogna decidere quale direzione prendere. Le strade sono due: abitudine o amore. Da un lato, il tranquillo benessere di una vita che si conosce, quello dell'abitudine. Senza sorprese, è vero, ma appagante. Perché se abbiamo impostato la nostra esistenza in quel modo, significa che ci andava bene. Se non addirittura a genio. Dall'altro, la novità di un amore, una persona che entra nella nostra vita - magari a gamba tesa - e ci scombussola il tran tran, il solito vecchio iter al quale siamo affezionati.

Il più delle volte la scelta tra abitudine e amore diventa un dilemma esistenziale. I monotoni non hanno dubbi: optano per la consuetudine, perché è il percorso più semplice. Gli impavidi neanche ci pensano: puntano sull'avventura, adorano l'imprevisto e si lasciano trasportare dal vento verso nuovi lidi.

Soltanto in pochi casi la decisione è fonte di continue riflessioni, ragionamenti su pro e contro, domande a cui è difficile dare una risposta a priori, senza aver sperimentato la diversità. Per buttarsi ci vuole coraggio e consapevolezza dei rischi. L'intuito aiuta, ma non dà la soluzione. Allora, come si risolve la questione? Il punto principale su cui ragionare sono i sentimenti. Si parte da lì. Bisogna chiedersi: quanto sono profondi? Quanto sono reali? Ma la vera domanda da rivolgere a noi stessi è quella che Don Edo continua a ripetere durante la messa quando parla di amore: "Tu saresti disposto a morire al posto della persona che ami?". La risposta a questo interrogativo indica la direzione da prendere.
L'amore non è un'abitudine, un impegno o un debito. L'amore non è quello che ascoltiamo in canzoni romantiche, o vediamo nei film. Semplicemente l'amore è. (Paulo Coelho)

10 giugno, 2015

Sbolognare i non-amici di Facebook


Su Facebook ogni tanto ricevo richieste di collegamento da amici di amici
. Il mio profilo non è pubblico - salvo qualche link di notizie - e faccio fatica ad accettare chi non conosco. A volte, elimino il candidato senza neanche rifletterci o guardare la foto. A volte, di rado, lo aggiungo. Nel secondo caso, quando do l'ok, non so per quale motivo, scatta subito la chat. "Ciao, grazie per avermi accettato" è il messaggio standard che ricevo dalla new-entry. Rispondo per cortesia: "Ciao, grazie per avermi chiesto l'amicizia. Buona giornata". Fin qui tutto bene.

Il bello arriva adesso. Se la comunicazione si interrompe a questo livello, l'amicizia si protrae. Se invece il nuovo amico insiste con domande del genere, "come stai?", "che fai di bello?", "stai lavorando?", mi scoccio e non rispondo. Conseguenza: il nuovo amico mi cancella. Con mio grande sollievo, devo confessare. Alè, un altro fuori dalle scatole.  E penso: "Ma davvero un Pinco Pallino qualunque crede di potermi broccolare via Fb in maniera così banale? Che tristezza di persone c'è in giro?". Aiuto!