29 aprile, 2015

Le tre moschettiere: tutte per una e una per tutte


Tra noi ci chiamiamo "le tre moschettiere"
. Io, Fede e Veru. Il motivo s'intuisce al volo: siamo "tutte per una e una per tutte". Ci sosteniamo in ogni momento della giornata, dal mattino alla sera. Ci aiutiamo, ci diamo supporto. Stiamo sempre insieme, nei limiti degli impegni di lavoro. Dove va una, si trovano anche le altre. In pratica, abbiamo formato una seconda famiglia, dopo quella di origine. Una squadra affiatata di quasi-sorelle.

Ci siamo conosciute per caso, qualche mese fa. Prima ho incontrato Veru a un evento di lavoro (grazie Deb per avermela presentata). Poi ho incontrato Fede, con la quale è scattato subito il feeling, perché noi due siamo molto simili nel carattere e nel modo di pensare. 

Il primo elemento che ci ha unite è la vicinanza geografica. Abitiamo tutte nella stessa zona di Milano, a distanza di qualche isolato. Così, diventa semplice organizzarsi per bere un caffè, per una passeggiata nel weekend, per fare shopping (supermercato compreso) e per uscire insieme la sera. Spesso, decidiamo all'ultimo minuto se andare a un aperitivo o a un evento. Basta una telefonata o un messaggio: "Allora, ci vediamo tra 30 minuti?". "No, meglio tra 40". 

Da quando le moschettiere sono nella mia vita, il senso di solitudine si è attenuato. Avverto meno la lontananza dai miei cari. Ho sempre 4 braccia da stringere. Due ragazze fantastiche da abbracciare quotidianamente. Ho smesso di passare le serate da sola nel mio appartamento: in un modo o nell'altro, sono in compagnia. Non importa se in un locale o a casa di una delle tre. Non solo. Mi sento protetta e coccolata da un affetto simile a quello della mia famiglia.

Non posso dimenticare il giorno in cui sono rientrata a Milano da Roma, con il Frecciarossa. Erano le 22 e pioveva. Le ragazze erano preoccupate che mi bagnassi. 
- Ti vengo a prendere in auto? - mi scrive Fede.
- No, non occorre. Prendo il tram e se diluvia salgo su un taxi. Mi farai compagnia al telefono - rispondo.
- Dimmi a che ora arrivi e mi trovi con le quattro frecce all'angolo della stazione - mi scrive Veru. 

Insisto: "Ragazze, non venite a prendermi: non vale la pena. E' tardi". Ma non le convinco. Veru è già al volante, sta per arrivare in stazione. Appena salgo sull'auto di Veru, mi scappano le lacrime. Sono commossa dal suo gesto. Intanto, Fede mi scrive: "Sei arrivata? Ti chiamo?". Eh sì, la mia è proprio una seconda famiglia!

20 aprile, 2015

Abbracci gratis, i dubbi


Ti piazzi per strada con un cartello: "Abbracci gratis" e ti metti ad abbracciare le persone che passano
. L'idea è buona, in generale. Ma sorgono i dubbi su chi ti abbraccia. Le domande sono tante. Perché queste persone si presentano in giro con i cartelli? Sanno abbracciare a casa loro? Sanno abbracciare gli amici? Sanno praticare l'abbraccio nella quotidianità? Boh!

Faccio l'avvocato del diavolo e penso: "Queste persone non abbracciano nel vero senso della parola, almeno come lo intendo io, perché nell'abbraccio c'è sentimento, c'è amore verso l'altro. Di conseguenza come fai a provare sentimento per un estraneo mai visto prima?". E' un sentimento falso, una sorta di compassione, come quella che si prova davanti a un cucciolo abbandonato. La compassione non si può paragonare all'affetto sincero e reale. L'abbraccio è  la manifestazione di un sentimento, non si può mettere sullo stesso piano di un sorriso o una stretta di mano.

In tutto questo ambaradan dei free hugs c'è una contraddizione di fondo. Un volersi mostrare buoni a tutti i costi. Della serie: volemose bene. Con presunzione, perché vorrei vedere quanta generosità reale c'è dietro a ognuno abbraccio. Quanta voglia di darsi agli altri, di spendersi per gli altri. Di abbandonare l'egoismo e pensare seriamente al prossimo. Mi pare quasi un tentativo di fare beneficenza, ma la vera beneficenza si fa di nascosto, non sbandierandola ai quattro venti.

"Che tristezza! Come ci si può ridurre così?" commenta Veru. Sono d'accordo con lei. Conoscendo un free-hugger, i miei dubbi raddoppiano. Se voglio un abbraccio mi circondo di persone da abbracciare tutti i giorni. Da stringere forte a ogni incontro perché sono affezionata a loro e provo affetto. Non abbraccio per le fotocamere e tanto meno per un evento stile Barnum. Per me l'abbraccio ha un valore. E' qualcosa di prezioso, di intimo che non posso svendere al primo saldo.

Mi converto ai tacchi a spillo


Quando inizi a uscire con ragazze che stanno sempre sui tacchi a spillo, altissimi, ti senti a disaggio se non hai quei centimetri in più
. Osservi i trampoli delle altre e non puoi fingere che non siano stupendi. Arrivi a invidiare le amiche (coraggiose) che con quelle scarpe scomode ci passano tutto il giorno, macinando chilometri. E ti domandi: "Perché io non ci riesco?".

Poi ascolti i discorsi degli uomini. Giorgio: "Le ballerine? Un insulto alla bellezza - commenta l'amico -. Io e mio fratello abbiamo fondato il club anti-ballerine". Buono a sapersi... Non oso dire a Giorgio che ho un'intera collezione di ballerine, da quelle rosse alle blu, passando per le bianche, le nere e le marroni. Ho quasi tutto lo spettro cromatico di ballerine. Non va bene. Eh, no. Urge un cambiamento di stile.

Adesso, quando mi metto in tiro per la serata, sto attenta al tacco. Ho poche scarpe veramente alte - qualche sandalo, due stivali invernali e un modello aperto davanti - e devo assolutamente arricchire l'assortimento. So già che indossando il tacco 12 impazzirò per il dolore ai piedi e imprecherò per le gambe gonfie. Non importa, mi sacrifico sull'altare della moda. Vale il vecchio detto: "Chi bella vuole apparire, molto deve soffrire".

Devo ancora decidere il colore del mio prossimo acquisto. Punterei sul colore nude. Una tinta neutra che si abbina su tutto. Ma poi penso che il tacco è sinonimo di "osare", quindi immagino i miei passi su una scarpa dorata, argentata o dal design accattivante. Su questo versante sono indecisa. Devo andare in giro a provare per scegliere un modello in grado di attirare l'attenzione e farmi sentire una principessa, ma che non mi massacri i piedi e non costi un intero stipendio.

18 aprile, 2015

La mia vita da mora


Ho pochi capelli bianchi, ma mi danno fastidio. Li vedo e non li sopporto. Non tengo mai i capelli sciolti per evitare che si notino quei fili da vecchia. Da mesi, esco solo con la coda. E' arrivato il momento di correre ai ripari.

Mi fiondo dal mio parrucchiere di fiducia, Maurizio, e chiedo: "Taglio e tinta. Voglio i capelli più scuri, almeno di due toni". Maurizio mi dice: "Hai ancora pochi capelli bianchi. Meglio fare un riflessante senza ammoniaca. Coprirà i capelli bianchi ma ti lascerà la morbidezza. Hai dei capelli troppo belli per seccarli con un prodotto aggressivo". Ribatto: "Ok, Maurizio, mi fido di te. Procedi".

Scegliamo un riflessante a metà strada tra un castano e un castano scuro. Mi sta benissimo. Sono scioccata. Mi vedo bellissima. Con i capelli più scuri la mia pelle bianco-latte spicca. Sembra che ho un faro puntato in faccia. E gli occhi azzurri aumentano ancora di più il contrasto: appaiono come due catarifrangenti. Sono troppo contenta. Mi sento ringiovanita e mi domando: "Perché non mi sono fatta mora prima?". La verità è che finora non ho mai voluto tingere i capelli... e per tutta la vita sono andata avanti con il mio colore naturale. Adesso, mi rendo conto che così sto molto meglio. Wow! 

Il primo test per capire se sono più carina da mora è sulla chat di gruppo. Mando una foto a tutti: "Come sto mora?". E qui, fioccano i complimenti. Lodi sperticate sul mio cambiamento. Anche quando mi vedono di persona gli amici si spendono in adulazioni: "Stai benissimo, sei fantastica". Lo so: obiettivamente da mora guadagno un sacco di punti. 

La sera, all'aperitivo, un ragazzo mi tampina: Filippo. Bello, colto, un bolognese che lavora nel settore dei futures energetici. Mi vuole portare fuori a cena. Gli piaccio. Ma lui ha 31 anni. Gli dico che è troppo giovane per me. "Non è possibile - commenta Filippo - al massimo hai un paio di anni più di me". Magari! Ho il capello fresco di parrucchiere, le unghie rosse, un tubino nero da paura e i tacchi alti. Inganno l'anagrafe alla grande. 

Saluto Filippo. "Scusa, i miei amici si spostano in un altro locale" e me ne vado senza lasciargli il numero di telefono. In realtà, m'interessa Giorgio (35 anni) che sta lì a guardarsi il mio teatrino con Filippo. Giorgio è un timidone. Si occupa di investimenti e fa la spola tra Lugano e Milano. Ha casa in Svizzera e in Italia (a un chilometro dal mio domicilio). Quando lo guardo negli occhi, lui sembra folgorato e arrossisce. Tenero. Lascio il locale con Giorgio e altri amici. Sono gasatissima. E penso: "Ancora spacco".  

16 aprile, 2015

E mi sento bellissima


Programma della serata: aperitivo in un locale di lusso. Devo vestirmi da battaglia. Tubino nero e tacchi? Non lo so. Senza calze la sera fa troppo freddo per avere le gambe scoperte. Mi viene un'idea. Riesumo dall'armadio una vecchia salopette nera da cocktail, elegantissima e tornata di moda. Ho comprato la salopette 20 anni fa, ma siccome non ho mai cambiato taglia, mi sta divinamente. Ok, oggi mi metto "vintage".

Nel locale mi trovo a mio agio. C'è tanta gente che conosco e un tipo che m'interessa. Lui è belloccio. Chissà se sono in grado di attirare la sua attenzione. La sala pullula di belle ragazze e c'è persino qualche vip.

Con mia grande sorpresa il belloccio mi punta. Mi sento bellissima. So che con le parole sono capace di affascinare chiunque. Ho un buona parlantina e una cultura da sfoggiare come un diamante di Tiffany. Mi lancio nella conversazione e mi accorgo che il belloccio è inconsistente, non ha argomenti, di conseguenza si finisce a parlare del tempo e delle vacanze. Che delusione!

Quando lui capisce che mi sta annoiando, diventa acido. Lo guardo scioccata. Dov'è finito il gentiluomo di qualche minuto fa? Rimango basita. "Oddio, un altro Luca - penso -. No! Per carità. Uno basta e avanza". Possibile che in giro ci siano soltanto uomini disturbati?

Lascio il locale abbastanza presto. Sono stanca. Non ho il fisico per uscire tutte le sere e tirare tardi. Ho bisogno di un giorno di riposo. Mentre saluto tutti e mi muovo tra i tavolini per raggiungere l'uscita, noto gli occhi di diversi uomini sulla mia figura. Tutti carini! Incredibile. Mi sento bellissima, una modella. La mia autostima sale a mille, come il mio ego. Alle 20enni faccio un baffo. Il fascino non è qualcosa che dipende dall'età e io so di averne. Sto bene: ho le armi cariche per colpire al cuore di un maschio. Devo solo cercare di non sbagliare bersaglio.

14 aprile, 2015

Il vero amore è senza tempo


Mettermi a piangere guardando un film non è da me. Poche le pellicole strappalacrime. Un film che mi ha commossa è "Storia d'inverno". Un uomo incontra l'amore della sua vita. S'innamora all'istante, al primo incontro. Ma lei è destinata a morire presto. A perire è soltanto il corpo della ragazza, non il sentimento tra i due innamorati. E dopo la morte della donna, l'uomo è costretto a vagare senza memoria per oltre un secolo, fino a ritrovare il passato e compiere quel gesto che il destino aveva servato per lui.

"Nessuna vita è più importante di un'altra. Nulla succede per caso. Tutto fa parte di un disegno". Ecco alcune frasi pronunciate dalla voce fuori campo nel film. Sono convinta che tutto ciò che viviamo sia già nel nostro destino. Un destino che ripaga le sofferenze e gli sforzi con una ricompensa ben più alta di quella desiderata. Sono un'inguaribile ottimista, non ci posso fare nulla. 

Da parte mia, so di avere tanto da dare. Ho una capacità smisurata di amare e aspetto d'incontrare il vero amore. Non mi accontento di una storia da quattro soldi. Volendo, non sarei single: di corteggiatori ne ho a vagonate. Ma aspetto quello giusto. Quello capace di farmi palpitare il cuore, per il quale sarei disposta a morire al suo posto. Quello che mi amerà incondizionatamente, al di là del tempo. L'uomo che sarà in grado di accorgersi della mia bellezza interiore e della mia capacità di amare, diventerà anche il più felice della Terra. Scommettiamo?

10 aprile, 2015

Bolle, ho spuntato ancora la lista dei desideri


Ci sono giorni in cui la vita ti sorride e ti dici: "Sono troppo fortunata!". Uno di questi giorni è stato ieri. Al mattino, il capo mi telefona. Non è  per lavoro, per fortuna. Sono già abbastanza carica. Le frasi del boss sono una sorpresa: "Ho due biglietti di palco per il balletto di Bolle alla Scala - mi spiega - non ci posso andare. Sono gratis. Ci vai tu?". Rispondo: "Certo, grazie! Mi fai un regalo graditissimo!".

Alla notizia sprizzo gioia da tutti i pori. Non riesco a contenere la contentezza. Quasi quasi non ci credo. Troppo bello per essere vero. Il capo non sa che andare a vedere un balletto di Bolle, in questo caso Giselle, è nella mia lista dei desideri. Quelle cose da fare, o vedere, almeno una volta nella vita. E così, do un'altra spuntata alla mia lista. Balletto di Bolle: fatto.  

Informo le amiche dei due biglietti per lo spettacolo: "Posso portare soltanto una di voi alla Scala - preciso nel gruppo di Whatsapp - non voglio scegliere: tirate a sorte. La vincitrice verrà con me". Manu non può: ha un impegno improrogabile (una festa di laurea). Il ballottaggio riguarda Fede e Veru. La prima ha una gran voglia di accompagnarmi, ma si tira indietro per amore dell'altra. "Porta Veru - mi scrive in privato - ha bisogno di uscire. Noi andremo la prossima volta". Fede mi commuove con il suo gesto di generosità. Entrambe sappiamo che Veru ha bisogno di svagarsi. Ok. Siamo d'accordo.

Il balletto è meraviglioso. Io e Veru siamo sedute nel palco - posti in prima fila - e ci sentiamo due miracolate. Roberto Bolle è da applausi continui e Svetlana Zakhrova sembra un angelo che vola in scena. Stiamo bene. I problemi sono spariti. Le preoccupazioni, rimaste fuori dal teatro. Che sensazione fantastica!

Torniamo a casa ridendo e scherzando. Abbiamo vissuto una grande emozione, per cui niente e nessuno può turbare il nostro stato di beatitudine. Ci diciamo che dobbiamo essere positive sul futuro. Capiteranno altri momenti simili. La vita è una continua sorpresa e noi abbiamo tutte le carte in regola per godere della gioia a ogni novità.

08 aprile, 2015

La figuraccia con l'assistenza dello scooter


Primavera. E' tempo di usare lo scooter. Un amico mi chiede:
- Parte?
- Perché non dovrebbe partire? - rispondo - Il mio scooter è nuovo, non ha neanche un anno.
- Sai, la batteria - mi spiega l'amico - dopo un po' si scarica se le due ruote sono ferme da tanti mesi.
- Davvero?
- Prova ad accenderlo.
- Ok

In effetti, lo scooter non parte. L'amico ha ragione. E qui inizio a smadonnare. "Ma porca pupazza! Ci voleva pure questo!". Devo capire come risolvere con la batteria, convinta che il problema sia lì, e chiamo un meccanico vicino casa che vuole 30 euro soltanto per ricaricare la batteria. Alla faccia, 30 euro. 

Demoralizzata chiedo un favore a un amico: - Non è che puoi venire con i cavi e aiutarmi a ricaricare la batteria? 
L'amico sembra disponibile e questo mi solleva da un peso (30 euro risparmiate). 

Decido che voglio riprovare ad accendere lo scooter. Un altro tentativo. Non parte, ma mi accorgo che il quadro rimane acceso per minuti. Possibile che sia la batteria? Se il problema fosse questo, il quadro si dovrebbe spegnere. Strano.

Chiamo l'assistenza e spiego la situazione: - Lo scooter non parte, penso sia la batteria, ma il quadro rimane acceso. Possibile?

Il meccanico mi dice: - Lei si ricorda che per avviare lo scooter non basta soltanto premere il pulsante ma deve tenere il freno tirato? 
- Eh no, non me lo ricordo. 

Che figuraccia! In effetti, lo scooter parte, se tengo il freno. Sono io che con l'Alzheimer galoppante non ricordo più come si accende. Fail.

07 aprile, 2015

Umore alle stelle: è l'effetto primavera


Il sole caldo mi dà una marcia in più
. Quanto ho atteso di poter togliere i collant (insopportabili) e sfoggiare i primi sandali... e finalmente mi sento più libera. L'umore è alto, altissimo. Che magnifica stagione la primavera! L'antipasto prima della portata principale: l'estate, che adoro. Non sopporto il freddo, non mi è mai piaciuto e quando la temperatura si alza, il mio umore si adegua al termometro. Più fa caldo e più sto da favola. Noi meteopatici siamo così: ci entusiasmiamo come bimbi quando vediamo fiori e colori dappertutto.

Ho riacceso lo scooter, fermo da novembre, e giro per Milano in tutta libertà. Mi beo dei raggi di luce che baciano il mio viso e tiro a manetta l'acceleratore per sentire il vento e l'aria carica di pollini e odori. Le due ruote sono la mia salvezza. Nessun impiccio con il parcheggio (il marciapiede è perfetto), nessuna coda al semaforo (adoro lo slalom tra le auto ferme), nessun genere di complicazione da sosta, tanto meno il pagamento dell'area C. 

Il cambio di stagione è quasi completato. I cassetti sono pieni di top, magliette e canotte. Addio alla lana, almeno fino a ottobre. Le unghie dei piedi sono già rosse, pronte a calzare le scarpe aperte. Ammiro il guardaroba estivo pronto all'uso e mi si illuminano gli occhi. Il vestitino rosso (il mio preferito) mi suggerisce: "Indossami, indossami". Lo farò. Prestissimo! 

Ricomincio da runner


Ho perso 5 chili in due mesi. La scorsa estate. E sono invecchiata di botto, almeno di 10 anni. La mia pelle ha perso turgidità. Amen. E anche se adesso ho recuperato il peso perduto, non ho più l'epidermide elastica e tesa come un anno fa. La giovinezza è sparita. Andata via per sempre. Non c'è rimedio.

Il dimagrimento non è stato l'unico problema della scorsa estate. Da un giorno all'altro mi sono ritrovata completamente sola. Gli amici? Hanno scelto di frequentare il mio ex con la sua nuova compagna, di conseguenza mi sono ritrovata emarginata. Isolata. Senza partner e senza comitiva. Senza uscite. Senza chiacchiere e aperitivi. Senza quella normale quotidianità di relazioni che hanno arricchito gli anni milanesi. Ho dovuto ricostruire tutto da zero e non sono mancati gli intoppi. Ho commesso diversi errori. Non voglio giustificarmi, ma tra la situazione emotiva (precaria) e lo stato d'animo da "non so dove sbattere la testa", non sono stata in grado di affrontare i problemi nel modo corretto. Non ho avuto la forza di agire, non ho avuto determinazione e coraggio,  per cui ho subìto passivamente gli eventi.

Oggi, sono un'altra persona. Allegra, positiva e piena di entusiasmo per la vita. Ho ricostruito la mia esistenza, pezzo per pezzo, partendo dagli amici, dagli interessi e dalla voglia di fare. Esco tutte le sere. Mi invitano dappertutto. Non ricordo più che cosa significa stare a casa a guardare la tv. E poi, perché dovrei rimanere a casa da sola? Non intendo fare la muffa. La mia nuova vita mi piace. Mi è congeniale. Non ci rinuncio, neanche per un uomo. Ho conquistato il mio spazio e mi sento bene. Ho il sorriso stampato sulle labbra e la battuta pronta.

La pelle? Non si riprenderà. Pazienza. Sui muscoli, invece, posso ancora lavorare. Ho riscoperto lo sport e ho iniziato a correre. C'è un magnifico parco dietro casa, perché non sfruttarlo per una bella zompettata? Ottima idea, mi sono detta. Ho tirato fuori la roba del tennis, le scarpe del power yoga, e via in strada. Direzione parco. Runtastic è un'app fighissima!

Il battesimo da runner non è andato male. Ho tenuto un passo sostenuto per 20 minuti e ho mollato soltanto quando ho sentito tirare i quadricipiti (rischio strappo). Il fiato è meglio di quello che credevo. Adesso vediamo come va nei prossimi giorni. Riuscirò a preparare in tempo la StraSingle? E' la mia sfida.

04 aprile, 2015

Nata mi vuole bene


Nata è una presenza ingombrante nella mia vita
. Non le piaccio. Eppure, non mi molla. E' una rompiballe di prima categoria. Adesso capisco da chi ha preso il figlio. Non so perché si sia attaccata a me. Non c'entro nulla con le sue preoccupazioni e le sue angosce. "Aiuta mio figlio" mi dice. "Aiutalo". Le rispondo che non posso. Non voglio. Lui ha il suo percorso e deve intraprenderlo da solo. Si chiama "libero arbitrio".

Nata non è d'accordo e per convincermi ad agire mi trasmette tutto il suo dolore. In un attimo mi ritrovo nel baratro, sperduta. Incapace di risalire la china. Nata non vuole farmi del male, ne sono convinta, ma gli effetti della sua presenza sono devastanti: mi toglie tutte le energie, al punto che diventa difficile anche alzarmi dal letto per preparare un caffè.

Io e Nata siamo in lotta. Lei preme, io resisto. Le dico: "Non ci sto, non venire da me".  Non funziona. Allora, lei cambia tattica. Non parla più (tanto sa che non ascolto) e singhiozza, piange. Punta a commuovermi. E ci riesce. Adesso capisco come posso aiutarla: con le preghiere. Nessuno prega per lei? Ok, lo faccio io. Prego, prego sempre. Prego quando sono sul tram, durante la pausa caffè, mentre passeggio, mi lavo o scelgo i prodotti al supermercato. Prego ancora (in latino).

Il risultato del mio sforzo è positivo. Non sento i suoi singhiozzi, nessuna lacrima. La sensazione che ho è diversa. Sento che Nata c'è ancora, mi sta vicina, ma ora senza fiatare perché non è sua intenzione ferirmi. Sento che mi vuole bene. Eh sì, avverto il suo affetto e la sua gratitudine. Sorrido e sono contenta.