27 febbraio, 2015

Pensando a Dio ci prendiamo rischi maggiori


L'occhio mi cade su una ricerca scientifica curiosa, pubblicata sulla rivista 
Psychological Science. Titolo: "Pensando a Dio le persone tendono ad assumersi rischi maggiori". Cerco di capire di che cosa si tratta. Il succo della questione è un po' questo: se ci affidiamo a Dio siamo più coraggiosi, come se la vicinanza al Signore abbia il potere di assisterci, rassicurarci e proteggerci. Conseguenza: ci buttiamo, siamo disposti a rischiare di più. Chi non ha mai pensato, prima di un'impresa: "Dio, aiutami tu"?
Lo studio fa una distinzione tra rischi "morali" e quelli "immorali". Sui primi l'effetto della fede è evidente. Sui secondi (vedi uscire dalla droga o compiere atti illegali) non c'è nessuna correlazione.

Per quanto mi riguarda, la fede è un po' un rifugio. Non solo ha un potere sulle mie scelte, ma è anche una cura per guarire dai mali del cuore e dell'anima. Una preghiera basta per sentirmi un po' sollevata, per cui spesso mi ritrovo a recitare, tra me e me, il Padre Nostro o L'Ave Maria (in latino). Senza questa àncora di salvezza non so se sarei riuscita a uscire in fretta da alcune situazioni difficili. Magari sono una fessacchiotta, ma ci credo.

Non posso dimenticare "la grazia" ricevuta molti anni fa dalla Madonna, quando, finiti gli studi universitari, non sapevo quale strada prendere. All'epoca non volevo assolutamente fare il lavoro per cui avevo studiato tanto. Cercavo una via d'uscita. Ma con una laurea specialistica e nessun altro skill nel curriculum, mi vedevo intrappolata in un lavoro poco soddisfacente.

Tutto è cambiato con un viaggio a Lourdes insieme alla mamma. Ma in quel posto sacro, davanti alla Madonna, non ho avuto il coraggio di chiedere nessuna grazia. A Lourdes, ho visto la vera sofferenza delle persone e mi sono vergognata di fare una richiesta stupida di tipo lavorativo. Sono tornata a casa senza chiedere nulla. Eppure, poche settimane dopo, mi è arrivata l'offerta di lavoro che mi ha cambiato la vita. Mai avrei pensato alla professione che svolgo adesso con entusiasmo e voglia di migliorare.

26 febbraio, 2015

L'abbraccio da dietro tra emozione e ricordo


Papà era sempre l'ultimo ad alzarsi da tavola. E così, quando vivevo in famiglia, approfittavo del suo immobilismo su una sedia per abbracciarlo da dietro. Lui seduto, io in piedi dietro di lui. Con le braccia intorno al suo collo. Papà consumava la frutta o il dessert mentre lo ricoprivo di carezze e bacini. Quel rito, dell'abbraccio da dietro, si ripeteva spesso dopo pranzo. Dava a entrambi una grande emozione. Impossibile dimenticare i sorrisi di papà mentre masticava qualcosa.

Ho continuato a ripetere il gesto ogni volta che tornavo a casa (quanta gioia). Fino alla morte di papà nel 2006. Mai avrei pensato di poter rifare una cosa del genere. Eppure mi è capitata. Ieri sera, mentre Daniele suonava la chitarra dopo cena e cantava su mia richiesta "Don't write me off", mi sono alzata dalla sedia e senza neanche pensarci l'ho abbracciato da dietro la sedia, circondandogli le spalle e accarezzandogli i capelli.

All'inizio Dani è rimasto un po' freddino al mio contatto, quasi imbarazzato, ma non ho mollato la presa e dopo un po' lui ha appoggiato la sua guancia sulla mia, in segno di apprezzamento, e ha continuato a suonare. E' stato un momento di grande tenerezza.

In quell'attimo ho ripensato alla mia famiglia, a quanto sono stata fortunata a crescere con due genitori  che mi hanno riempita d'amore e mi hanno insegnato ad amare gli altri. Due genitori specialissimi che mi hanno regalato un'infanzia felice e spensierata. Ma Dani è un'altra cosa: è un amico. Non sangue del mio sangue. Eppure mi ha dato un momento di familiarità e di forte emozione. Non lo dimenticherò.

25 febbraio, 2015

La capa mi ricorda mio padre


Papà è morto in un incidente di moto nel 2006
. Mi manca tantissimo. La sua scomparsa è stato un shock. Il dolore più grande della mia vita. Di punto in bianco, mi è stato detto: "Papà non c'è più".

Nei miei pensieri papà è sempre vivo - nonostante il vuoto che avverto dentro - come un ricordo bellissimo di immenso amore. E per sentirlo vicino porto il suo orologio al polso, mantenendo presente nella memoria quel legame indissolubile tra genitore e figlia.

Una persona che mi ricorda papà è la mia capa. Ha lo stesso modo di parlare e un comportamento simile. Pazzesco! Le prime volte che ho parlato con la capa mi sono sentita in imbarazzo. Non riuscivo a spiccicare parola, proprio per questa strana somiglianza. Adesso, l'ho superata. Quasi. Se mi piace la mia capa? La risposta è ovvia: è come chiedermi se mi piace il mio papà.

24 febbraio, 2015

La pancia degli uomini è sexy


Addominali scolpiti. Mah! Proprio non capisco gli uomini che rincorrono il mito della pancia piatta. La tartaruga sul ventre può essere anche bella da vedere, ma fa senso toccarla. E' come accarezzare il marmo. E tra un peluche e una roccia, preferisco il peluche. L'emozione di stringere "qualcosa di morbido" non ha prezzo.

Per quanto mi riguarda, sono le imperfezioni di un uomo a renderlo affascinante e desiderabile. Speciale, per tanti versi. Unico e irripetibile. Il corpo statuario non mi attira: lo trovo noioso. Non solo. Essendo io una donna spigolosa, ho bisogno di "atterrare" sul morbido per non farmi male. Puntare su un maschio palestrato e muscoloso, per me è come scegliere di dormire sul pavimento, quando ho a disposizione un bel materasso comodo. Insomma, tifo per i difettucci. Per qualche chilo in più (escluso la pancia da uomo-incinto). Per quello strato di dolce adiposità che circonda il girovita maschile. Le maniglie dell'amore sono davvero sexy o non si chiamerebbero così. Giusto?

E quando penso al mio corpo e vedo piccoli segni sulle gambe (pochi per fortuna), non mi creo problemi. Sarei un'aliena se non li avessi. Invece, sono un essere umano, con tutti i difetti che questo status comporta. Non posso poi non tenere in considerazione che con l'età gli inestetismi sono destinati ad aumentare. E' possibile che mi venga pure la cellulite. Che cosa importa? La mia bellezza è soprattutto interiore. Quella non sfiorirà mai con il tempo.

17 febbraio, 2015

Carnevale, riuscirò a diventare Trilly?


Il Carnevale è quasi finito. Ancora pochi giorni utili per mettersi in maschera e andare alle feste. Erano anni che non pensavo a una festa in maschera. L'ultima volta che mi sono mascherata per Carnevale frequentavo il liceo. Con Cristina e Rosa ci eravamo presentate a scuola come Banda Bassotti e in un attimo di follia avevo pure dato una manganellata in testa al preside per scherzo. Quante risate!

Adesso ho deciso che quest'anno voglio travestirmi. Demenza senile o ricerca di leggerezza? Non mi pongo la questione. Di sicuro, c'è il desiderio di tornare un po' bambina. Il mio abito? Trilly. Perché voglio sentirmi magica e volare.

L'idea di Trilly mi piace. La parrucca bionda la possiedo grazie a un Halloween di due anni fa, le ali le ho prese in un negozio vicino al lavoro, ma il vestito è ancora tutto da cucire. Ho tagliato la stoffa verde e ho pure sbagliato le misure: mi sta enorme. Meno male che ho disegnato prima il carta-modello! Non ho ancora comprato la cerniera per l'abito e mi mancano gli strass. Insomma, sono molto indietro. "Dai, metti due punti con ago e filo, che ci vuole?" mi dice Chiara.

Sì, Chiara ha ragione. Non deve essere per forza un vestito cucito alla perfezione. Bastano anche due spilli, volendo. Il problema è un altro: non ce la faccio fisicamente a pensare alle feste di Carnevale. Finisco di lavorare sempre tardi e la sera mi ritrovo senza un briciolo di energie. Il mio corpo è una batteria scarica. Non è la giornata pesante in ufficio. E' il resto, il contorno, che non reggo e che mi prosciuga tutte le forze. Spero passi presto.

16 febbraio, 2015

Il diamante dell'ex? Meglio non portarlo

Bilancio di diamanti: due anelli di fidanzamento restituiti (per imposizione di papà) e uno tenuto. L'ultimo. Non un anello, ma un diamante a ciondolo, da portare al collo. Il solitario a ciondolo me lo ha regalato Paolo, l'uomo che stavo per sposare, quando mi ha chiesto di diventare sua moglie. E quando le nozze sono saltate, Paolo non ha voluto indietro il gioiello. Anzi. "Tienilo tu - mi ha detto sportivamente -. Non potrei darlo a un'altra".

Ho tenuto il diamante di Paolo al collo per anni. E' montato su oro giallo (preferisco il metallo giallo). Mi piace. Mi sta bene. Lo considero il bijou più bello che possiedo. Ma qualche settimana fa ho deciso di toglierlo. Mi è balenata un'idea. "Vuoi vedere che porta sfiga?". Non credo nella malasorte, in ogni caso è meglio non rischiare. Nel dubbio, via.

Per la verità, non ho mai riflettuto sulla possibilità che quella pietra bianca potesse in qualche modo condizionare le mie relazioni. Non per l'oggetto in sé, quanto per il fatto che alla vista del diamante un uomo potrebbe rimanerne colpito e chiedersi: "Quel diamante che significato ha? E' indice di una storia non finita?".

Adesso al collo ho una catenina con la croce, regalo della mia madrina. Non è la stessa cosa, ovvio. Ma almeno sono sicura che non porta sfortuna e non lascia i miei corteggiatori con un punto di domanda.

Abbasso l'uomo depilato, Mr. Grey docet


Il mio ex fidanzato è depilato
. Lui addirittura si fa il laser per eliminare i peli sul petto. Ma la luce pulsata non funziona con i peli bianchi (ha un'età) e così, se non procede con l'operazione di disboscamento ogni volta, rimane con i pettorali "a macchia di leopardo".

Prima d'incontrarlo non mi era mai capitato un fidanzato glabro. Ma pare che a Milano sia una moda: anche gli uomini vanno dall'estetista. Non solo per la ceretta o il laser, anche per manicure e pedicure. Boh, sarò grezza, ma pedicure e manicure non ne ho mai fatte in vita mia. Eppure ho mani e piedi curati... Capisco i peli sulla schiena che sono anti-estetici, per cui prima di andare in spiaggia sarebbe meglio eliminarli. Ma quelli sul busto li trovo davvero molto sexy, portati con fierezza dal sesso forte.

Anche l'uomo che ho conosciuto dopo l'ex fidanzato è fissato con la depilazione. Perché? E' così "maschio" il petto villoso. E virile. Dà un senso di forza. Ha il suo fascino, un po' come la barba. Infatti, accarezzare la barba o i capelli di un uomo è un gesto di grande seduzione per una donna. Perché non deve esserlo anche accarezzare i peli del petto?

A sdoganare l'uomo con i peli è Mr. Grey, nel film "50 sfumature di grigio". Mr. Grey, bellissimo, porta con fierezza "la selva scura" sotto la camicia. Certo, Mr. Grey ha pochi ciuffi neri qua e là (come Keanu Reeves), ma gli danno quel tocco di mascolinità in più. Imparate, uomini, imparate.

13 febbraio, 2015

Non sono un oracolo: sento e basta


Ormai le amiche hanno scoperto che ho una sensibilità superiore alla media. Hanno capito che sono in grado di sentire cose che gli altri non percepiscono. Così, mi chiedono: "Su questa situazione, che cosa ti senti?". Ho spiegato che non sono capace di gestire questa cosa. A volte, mi arrivano delle sensazioni e a volte no. Non funzionano a comando. Eppure loro mi chiedono ugualmente.

Pochi giorni fa, ho avuto un episodio su un mio amico e mi sono precipitata subito a dirglielo. Lui: "Ma va, non è successo nulla". Poi, però, il giorno dopo, lui mi ha telefonato, scioccato: "Avevi ragione. Quella cosa di cui mi hai parlato mi è capitata oggi. Come hai fatto?". Non lo so.

10 febbraio, 2015

Dell'amore vero e infelice


Amore. Tutti parlano d'amore. Tutti sperano d'innamorarsi follemente
. Non è mica facile. A settembre, leggendo una frase su Facebook, ho commentato: "Magari fosse facile amare". Sono convinta di quello che ho scritto. Certo, si può voler bene a tante persone, ma l'amore, quello al 100%, non si trova dietro l'angolo e a volte non si trova mai. Soltanto pochi fortunati lo sperimentano.

Quando mi sono innamorata follemente, in un nanosecondo, ho capito che quella era la cosa più bella che mi era mai capitata. Amore con la A maiuscola. Wow! La prima a sorprendermi sono stata io. Mi sono chiesta: "Com'è possibile? Perché non l'ho mai provato prima?". Una cosa del genere sembra irreale, fuori dal mondo e da ogni logica. Eppure, è successo.

L'amore vero non ha nulla a che fare con il bisogno di avere una persona accanto o il bisogno di una relazione. E così, quando le amiche mi spingono a uscire e conoscere qualcuno, io ci provo. Esco. Incontro gente nuova. I corteggiatori non mi mancano. Il problema? Non è quello che voglio. Le persone non sono interscambiabili. E quando hai dentro un sentimento forte, non puoi barattarlo per qualcosa di diverso.

"Hai mai pensato a un'avventura? Magari si trasforma in qualcosa di più..." mi dice il mio amico Luca (che ci prova). No, non ho mai preso in considerazione un'avventura. Non sono il tipo. Di donne facili ce ne sono già abbastanza in giro. Ma pur volendo, non riuscirei a toccare un altro uomo.

Ho paura. Ho lasciato andare l'uomo della mia vita. Lui non mi ama e ci ho messo una pietra sopra. Ormai fa parte del passato. Ma quello che ho dentro è talmente grande. Indistruttibile. Ci convivo ogni giorno. Il tempo, soltanto il tempo, mi aiuterà a domare questo sentimento, bellissimo e devastante. E quando penso al mio futuro, mi vedo sola, con i miei spettri. Vecchia e immersa nella solitudine.

Come recita Natalie Wood in Splendore nell'erba:
"Se niente può far che si rinnovi all'erba il suo splendore e che riviva il fiore, della sorte funesta non ci dorremo, ma ancor più saldi in petto godrem di quel che resta".  

06 febbraio, 2015

Quella certezza che si ha solo una volta nella vita

Quando ho letto I ponti di Madison County ero una ragazzina di liceo. Non avevo gli strumenti per capire il genere di sentimento tra Francesca e Robert. Un amore di appena 4 giorni, capace di alimentare l'intera esistenza dei due protagonisti, grati e paghi di quei 4 giorni insieme. Quattro giorni che valgono un'eternità.

Oggi, con un briciolo di saggezza (si fa per dire) sulle spalle, riesco a comprendere la situazione. Forse anche a me sarebbero bastati 4 giorni d'amore per l'eternità. Il tempo è una variabile che conta poco negli affari di cuore. L'Amore al 100% è una rarità. Parlo di "quella certezza si ha soltanto una volta nella vita", come dice Robert. Il punto è che nel mio caso non posso usare il termine amore, perché quel sentimento l'ho provato soltanto io: non è stato corrisposto, né condiviso. Non vale. Non è amore con la A maiuscola.

A me rimane un ricordo. E una consapevolezza: tra noi non ci sarebbe mai potuto essere vero amore (troppi i motivi per stare qui a spiegarli). L'unica cosa che mi spaventa è questa: Se "quella certezza si ha soltanto una volta nella vita", dovrò accontentarmi di un sentimento diverso? Di un amore più piccolo? Credo di avere la risposta, ma non la voglio accettare.

Tutto questo mi riporta alla mente i versi di Pedro Salinas. Un collegamento non proprio lineare, ma tant'è.

E sto abbracciata a te
senza guardare e senza toccarti.
Non debba mai scoprire
con domande, con carezze,
quella solitudine immensa
d'amarti solo io.

05 febbraio, 2015

Una buona azione regala un sorriso


C'è un freddo pazzesco. Esco tardi dal lavoro, come al solito. Sono carica di pesi: ho il notebook, qualche libro appena comprato e almeno un chilo di gomitoli di lana (proprio oggi dovevo passare in merceria?). Insomma, cammino con almeno 7-8 chili addosso. Non importa. Ho la musica nelle orecchie, accelero il passo e spero di arrivare presto a casa. Ma davanti al pronto soccorso vedo un uomo di colore in carrozzina che non riesce ad attraversare la strada sulle strisce. La carrozzina ha le ruote sgonfie, è un po' mal ridotta. Lui è pesante e in più ha una piccola valigia sulle gambe.

L'uomo non riesce a spingere da solo la carrozzina: ci mette una vita per avanzare di pochi centimetri. Mi avvicino a lui: "Posso aiutarti ad attraversare la strada?" gli domando. "Se mi spingi, mi fai un favore - commenta l'uomo -. Sai, sono appena uscito dall'ospedale". Lo avevo capito. Si vede che sta male. Lo guardo bene. Ha gli occhi dolci, come quelle persone che si lasciano guardare dentro. Non è un drogato.

- Posso fare altro per te? - gli dico dopo averlo lasciato sul marciapiede di fronte.
- Mi indichi dove posso prendere il tram?
- E' un po' lontano da qui, come ci arrivi da solo?
Lui rimane in silenzio e mi guarda.
- Ok, ti spingo fino al tram.

La carrozzina è davvero pensante: spingerla richiede energie, che non possiedo. Sono carica di borse e la strada fino alla fermata è lunga. In più, sbaglio percorso. Salgo su un marciapiede, che comprende due isolati, e mi accorgo che dopo aver spinto fino all'incrocio non c'è una discesa per la carrozzina. Quindi, torno indietro e ripeto la strada, ma passando sulla carreggiata, con la speranza che nessuna macchina ci piombi addosso.

Ho il fiatone. Non ce la faccio più. Ripeto a me stessa "dai, un ultimo sforzo" e non mollo. Raggiungo la fermata proprio nel momento in cui arriva il tram. Una corsetta. Ci sono. Il conducente del tram aziona la pedana. Faccio salire la carrozzina sul mezzo e scendo al volo, prima della chiusura delle porte.

L'uomo aiutato mi saluta alzando la mano, con le lacrime agli occhi. Ho il sorriso stampato in volto e mi accorgo di avere un forte mal di schiena a causa dello sforzo. Ma sono troppo contenta della mia buona azione: ho voglia di saltare. Chiamo subito la mamma per raccontare questa esperienza. E' proprio vero: aiutare gli altri fa soprattutto bene a me. 
"La nostra vita non è nostra. Da grembo a tomba, siamo legati ad altri. Passati e presenti. E da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro" (Sonmi 451, in Cloud Atlas)

02 febbraio, 2015

Il voto a Dio


Un voto è un voto. Non parlo di quel segno x messo su una scheda elettorale. Ma di un voto fatto a Dio. Un sacrificio che implica sopportazione, dedizione e fatica, tanta fatica. L'ho fatto. Ho fatto un voto a Dio. Non per me (lo avrei infranto in un secondo), ma per un'altra persona.

Chi mi conosce sa bene che mi piace aiutare gli altri. Mi spendo. D'istinto. Senza pensarci. Non uso metafore. Vado al nocciolo delle questioni. Dico agli altri quello che penso, analizzando i problemi da ogni punto di vista. E le persone mi ascoltano. A volte scioccate dalle verità scomode che non vogliono sentire, a volte grate per quelle parole che danno loro un senso, una direzione, un punto di riflessione.

In questa attività sono brava. E funziona. Con tutti. Tranne che con una persona. Il mio cruccio. Ebbene sì, c'è una persona che non sono riuscita ad aiutare, nonostante mi stesse a cuore. Ho fallito. E così, nell'impossibilità di dare una mano reale, ho deciso di darle una mano spirituale. Per questa persona ho fatto un voto, durissimo da mantenere: ho chiesto a Dio di intervenire in suo favore. Ho domandato al Signore di dare aiuto al posto mio. In cambio, ho offerto il mio voto. Più di questo, non posso.

Gioire a fare del bene


La mamma mi telefona durante il lavoro. "Tesoro, qui sono appena arrivate due suorine dall'Africa e non hanno nulla, se non l'abito che portano addosso. Posso regalare le tue vecchie lenzuola da lettino? Quelle del periodo universitario?".

La risposta è ovvia: "Ma certo, apri l'armadio e prendi pure tutto quello che può servire alle suorine. Se ho lasciato roba a casa tua, significa che non mi serve". E la mamma commenta: "Il cuore grande della mia bambina". Boh, a me non sembra di aver fatto qualcosa di speciale...

Adesso che ci penso, non è la prima volta che regalo biancheria. Quando ho lasciato il vecchio appartamento di Milano in affitto, preso poi da un collega di lavoro, al collega che è subentrato nel mio vecchio nido ho regalato lenzuola e piumone. A me non servivano perché erano per un letto a una piazza e mezza. Mentre nella nuova casa ho un letto a due piazze.

Ricordo che il collega rimase colpito dal mio gesto di generosità e accetto con piacere il mio cadeau. Le lenzuola erano nuove e di marca (non Ikea, come quelle che ho attualmente). Idem il piumone. Il favore al collega mi è pure tornato indietro sotto forma di altri favori. Perché se ho bisogno di qualcosa, il collega è sempre disponibile.

A volte basta un piccolo gesto di generosità, che a noi non costa nulla, per aiutare qualcuno e farci sentire persone migliori. Un tweet di Papa Francesco non mi ha stupita.
"Il vero amore non bada al male ricevuto.
Gioisce a fare del bene"
Applico questo comportamento tutti i giorni: mi rende felice. Il sorriso è assicurato.