28 gennaio, 2015

La ricompensa


Considerazioni. Ci sono giorni in cui faccio fatica a respirare. Mi sembra tutto troppo difficile. La mia croce è troppo pesante e casco a ogni passo. Da una parte, mi ripeto che non ho alcun potere per poter alleggerire il carico: devo sopportarlo e andare avanti. Dall'altra, mi chiedo perché a me? Non bastano i miei problemi, devo pure occuparmi di quelli degli altri?

"Tesoro mio, non si può combattere con la propria natura - mi dice la mamma -: è una battaglia persa. Forse con il passare degli anni ti indurirai un po', ma non ci sperare troppo".

E poi, tra un lamento e l'altro. Una lacrima che scappa involontariamente quando meno me lo aspetto, succede qualcosa di sorprendente. Io stessa rimango basita. Arriva la ricompensa. Sì, è vero, ho un macigno sulle spalle, ma il doverlo portare con sacrificio, produce qualcosa di buono. Come per magia. Vengo premiata. Lassù qualcuno mi protegge.

Certo, è dura. I colpi da assorbire sono profondi e intensi. Ho bisogno di tempo per recuperare... me stessa. Ma non mi abbatto. Resisto e mi riprendo, a modo mio e con il mio tempo. Voglio pensare alla mia indole come a un dono e non a una sventura. Perché alla fine, mi arriva la ricompensa, senza neanche averne fatto richiesta. I desideri diventano realtà a portata di mano.

Non solo. Nella mia vita, segnata comunque da qualche evento traumatico, sono stata risparmiata da malattie (sono sana come un pesce) e problemi fisici (mai un ricovero in ospedale, faccio corna). Inoltre, ho il sostegno di tante persone che mi amano, il cui calore mi avvolge come una coperta nei momenti di freddo. Nonostante il dolore non ho il diritto di lamentarmi. Un dono è un dono. Va preso per quello che è. Ringraziando.

23 gennaio, 2015

Sentire tutto, troppo di tutto


Non ce la faccio a gestire questa sensibilità che mi porto dentro. Troppa, davvero. Ho pregato per farla scomparire. Ho chiesto a Dio di togliermi questo peso. Ma è lì, a torturarmi, a tenermi sveglia di notte. Mi porta sofferenza, mi sconvolge. Sento tutto, troppo di tutto. Penso a papà... a quello che è successo (mamma, sai di che cosa parlo). E una bella serata si trasforma in una notte da incubo. Perché io? Non la voglio. Basta.

17 gennaio, 2015

Nella coppia la complicità è tutto


Ho fatto il test: che storia d'amore sei?
E guarda caso il responso è quello aspettato: Romantica. Il risultato del test, collegato alla foto del bacio di "Colazione da Tiffany" (il mio film preferito da sempre), recita:

Uno dei baci più belli della storia del cinema è sicuramente quello sotto la pioggia tra Paul e Holly in "Colazione da Tiffany". Ecco, l'amore in cui siete catapultati: una storia romantica non priva di difficoltà, questo è chiaro. Ma quello che state vivendo è un rapporto dove si lavora l'uno in funzione dell'altro proprio come Audrey Hepburn e George Peppard. 
Eppure il romanticismo secondo me non basta. Il punto di forza di una relazione - ogni genere di relazione - è la complicità. Quando manca questo elemento non si va da nessuna parte. La complicità è la prima cosa che cerco in un uomo e non è facile trovarla. Perché bisogna spendersi, fare cose insieme, costruire una fiducia totale verso l'altro e creare attimi speciali che finiranno nella bacheca dei ricordi. Memorie di coppia, più importanti delle emozioni, in grado di legare due persone a doppio filo.

E' difficile spiegare a parole di che cosa si tratta. Per esempio, la complicità in "Colazione da Tiffany" si esprime quando i due rubano una maschera in un negozio. Partendo dalla precisazione che non ho mai rubato in vita mia, neanche una caramella, ho sempre cercato di coinvolgere il partner in momenti particolari da non raccontare agli altri.

Il primo segno di una complicità consolidata è l'uso di "parole chiave" non comprensibili agli altri, nei discorsi privati e pubblici. In pratica, dico una parola "strana" che capiamo soltanto io e il mio compagno, connessa a un ricordo, ed io e lui ridiamo insieme. Nessuno capisce di che cosa stiamo parlando. Lo sappiamo solo noi e rimane tra noi. Non c'è niente che dà più soddisfazione, a parte dormire insieme.

16 gennaio, 2015

Ecco cosa mi manca dell'ex fidanzato: la spesona


Le uniche volte che mi capita di pensare al mio ex fidanzato è quando vado a fare la spesa
. Non mi manca lui, mi manca la sua auto. Perché quando andavamo insieme a fare la spesa (una volta a settimana), potevo riempire il suo veicolo con tre o quattro sacchi enormi di cibo, acqua e detersivi. Tutta roba pesantissima che lui gentilmente mi portava dal supermercato fino alla porta di casa.

Sono finiti i tempi dei carrelli pieni. Da sola e senza un'automobile porto a casa il minimo indispensabile. E così, finisce che ho sempre il frigo vuoto (le uova sono scadute a Natale, devo ricordarmi di buttarle) e sono sempre a corto di liquidi. Mannaggia!

"Perché non prendi un carrellino di stoffa con le ruote?" suggerisce la mamma. Ma no! Posso andare in giro con il "trasportino"? Come gli anziani? Io, tutta bella fighetta... con il traino. Non esiste. Preferisco fare avanti e indietro dal supermercato che convertirmi alla soluzione con trascinamento.

E i viaggi all'Ikea? Vogliamo parlare anche di quelli? Sono mesi che ho bisogno di qualche pezzo per migliorare la casa e non so a chi chiedere un passaggio per l'Ikea. Dario si è offerto di accompagnarmi e non posso far altro che approfittare della sua disponibilità. Sono fortunata: ho amici eccezionali.

15 gennaio, 2015

L'ammazza-corteggiatori, tutti smontati tranne uno


Daniele aveva ragione. Aveva sentenziato: "Vedrai che adesso troverai marito"
. Non scherzava. Nell'ultima settimana mi è piombata addosso una valanga di corteggiatori. Tutti smontati, uno dopo l'altro. Ebbene sì, sono stata brava. Mi faccio i complimenti da sola. Quasi quasi sono orgogliosa del mio lavoro di ammazza-corteggiatori. Se questo skill servisse a fare curriculum, sarei la più ricercata dai cacciatori di teste.

Tutti i pretendenti smontati, tranne uno: Francesco. Non so perché, ma la mia tecnica non funziona con lui. Gli ho mostrato la parte peggiore di me e Fra continua a ripetermi: "Sei bellissima, hai un cuore grande". Disarmante. A questo punto non so davvero come comportarmi. Se gli scrivo qualcosa di acido, lui è pronto a sfoderare una battuta per sdrammatizzare e strapparmi un sorriso. Sa che non reggo più di tre o quattro messaggi (taglio corto) e allora mi telefona.

Secondo le sue affermazioni, gli ho sconvolto i piani. Tra un mese deve partire per gli Usa - starà via 6 mesi - e non ha più voglia di prendere quel volo. "Fra, devi andare - lo incalzo - ti metto a forza su quel volo, se è necessario". Lui rimane zitto. "Dai, non pensiamoci" replica. E con il tono tra il disperato e il melodrammatico afferma: "Perché non ti ho conosciuta prima?". No, ti prego. Ho già sentito questa frase, pronunciata da un bugiardo di professione, non la sopporto. Pietà.

14 gennaio, 2015

Fidarsi degli uomini? No


Dalle stelle alle stalle. Dall'entusiasmo all'abbandono. Gli uomini sono così. Si comportano da innamorati, ti fanno credere che sei speciale, e poi ti dicono che non ti vogliono. Il tutto nell'arco di poco, pochissimo tempo. L'ho sperimentato sulla mia pelle e sono diventata diffidente. Non credo più alle belle frasi, anche se sono dolci e lasciano senza fiato. Parto prevenuta. Non mi fido. La mia idea? Lui mente sempre e comunque, se non dimostra il contrario. Fatti, non parole. A chiacchiere sono bravi tutti.

Quando ci si innamora della persona sbagliata, si soffre, è ovvio. Ma quello che succede dopo è molto più interessante. Dopo, si finisce per amare di più se stessi. Lo confermo e sono pronta a metterci la firma. Alla fine, c'è sempre un risultato positivo da tenere in conto.

La strada non è semplice: costa fatica, pianti e disperazione. Ma chi non si vergogna di mostrarsi per quello che è veramente, è più forte di tutti gli altri. Sbraita, punta i piedi, si arrabbia e... guarisce. Cresce e diventa ancora più forte.

Come scrive Massimo Gramellini: "Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire, per non guarire, perché altrimenti diventeremo quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi". Ecco, io non rinuncio ad essere completamente viva.

09 gennaio, 2015

E finalmente sono felice


Leggere - la mia quotidiana dieta di parole - mi ha sempre aiutata nei momenti di sofferenza. I libri, non solo distraggono la mia mente dai problemi, ma mi permettono di soddisfare un bisogno, ossia quello di avere una "relazione" (che cerchiamo tutti). In questo caso, una relazione con una storia, con una realtà, con una cultura, con un modo di pensare, con un autore, con uno stile, ecc.

Per qualche strano scherzo del destino ho preso in mano il titolo giusto. Quelle pagine mi hanno lasciato qualcosa dentro, mi hanno fatto vedere il mondo e la vita con occhi diversi, pieni di gioia, aspettative e sogni. Che fortuna! Un testo del genere, trovato per caso, mi ha aiutata a superare i dispiaceri. Ho chiuso la porta al dolore, passando attraverso un'autoanalisi precisa e razionale (io, l'irrazionale per eccellenza!).

Ho capito che la felicità sconfinata, provata mesi fa, non dipendeva da un uomo, ma era già dentro di me. Ero già felice quando ho conosciuto lui, perché avevo appena passato una bella settimana con la mia famiglia al mare e mi ero lasciata il disastro di un rapporto finito alle spalle. Lui, in quel momento, è stato soltanto un dettaglio. La ciliegina sulla torta, non la torta. Insomma, se sono stata felice, non è stato per merito suo. A mente lucida posso affermare che lui ha provocato più male che bene.

Ecco perché adesso sono felice. Felice felice. Felice felice felice. Quello di cui ho bisogno per alimentare questo stato non mi manca: me stessa e la mia immensa capacità di amare.

05 gennaio, 2015

2015, inizio fantastico


A giudicare da come ho passato il Capodanno - a piangere tutto il 31 dicembre per poi andare a brindare con gli amici in uno stato d'animo pietoso - non ci sono i presupposti per un buon inizio del 2015. Poi, la sorpresa! Le buone notizie. A raffica, una dietro l'altra. I riconoscimenti a lavoro. I complimenti che fioccano da tutte le parti. Le lodi sperticate di cui non sono mai stata oggetto negli ultimi anni.

Ho approfittato del momento, ho cavalcato l'onda, lavorando come una pazza, e ho ottenuto quello che desideravo. Ancora non ci credo. E' successo davvero? Sicuro? Sicuro sicuro? 

Per conquistarmi tutto questo, ho passato l'inferno. Senza il dolore e le sofferenze degli ultimi mesi, non avrei fatto un passo. Non avrei ottenuto nulla, senza la caparbietà e le idee (per fortuna il mezzo neurone funziona ancora). Senza Daniele che mi ha spinta e dato sicurezza in me stessa. Senza Enza che mi ha fornito ottimi suggerimenti. Senza Alessandro che mi ha sostenuta nei momenti down. Senza Carlotta che mi ha ascoltata fino al mal d'orecchie. Senza la mia famiglia che mi ha coccolata come una bimba. Senza le ragazze che mi sono state vicine e mi hanno voluto un mondo di bene: Silvia (a cui va un grazie speciale), Marghe, Alessandra, Basak, Laura, Chiara, Gaia e Mariapia. Grazie a tutti!

Se penso a quello che ho passato nel 2014, mi sento male. La mia storia è al limite del paradossale. "Perché non ci scrivi un libro?" mi dice una collega. "Lo sto già facendo e ho pure il titolo".

02 gennaio, 2015

Che cosa salvo del mio 2014? Tre giorni


Nel bilancio della mia esistenza etichetto il 2014 come un anno difficile, ma da non cancellare completamente. Sono cambiate tante cose. Io sono cambiata (spero in meglio) e i progetti che avevo fatto per il futuro sono saltati in aria al primo soffio di vento. Doveva andare così, non ci sono santi. L'uomo che avevo scelto, che mi diceva "sei la mia anima gemella" non mi amava veramente e alla fine lo ha dimostrato. Questo mi ha permesso capire che non bisogna fidarsi delle parole: parlano i fatti.

Se penso a come ho passato i 12 mesi del vecchio anno, ho in mente soltanto una parola: lacrime. Non so se le ho versate tutte. Il mio cuore è stato messo a dura prova e sto ancora combattendo con quello che ho dentro, che mi tortura e mi salva al tempo stesso. 

Quello che non butto via del 2014 sono 3 giorni: 72 ore di felicità piena e totale. Possono bastare per riempire un'intera vita? Non lo so. La mia unica certezza è che le ho vissute e mi hanno riempita fino al midollo. Sono dentro di me, per sempre. Nate da un amore sconfinato (non normale), unilaterale, ingestibile e bellissimo, per quel poco che è durato. Non ho rimpianti. Ho dato tutto quello che potevo e forse anche di più.

Negli ultimi mesi ho imparato a convivere con i miei sentimenti: assurdi e incredibili, se li analizzo con la ragione. Che fatica! Ma non posso scacciarli, perché quando ci provo, mi travolgono come uno tsunami e mi ammazzano. Li lascio lì, a ricordarmi chi sono. Sì, perché un amore infinito ti modifica il Dna, se vuoi e se non vuoi. Càpita.