29 ottobre, 2014

Steve McCurry e la ragazza dagli occhi verdi

La vita di Steve McCurry, famoso fotoreporter del National Geographic, è pura avventura. Anni e anni passati in giro per il mondo a immortalare gli eventi che hanno fatto la storia del nostro tempo. Non si conta il numero delle sue immagini messe in copertina dal National Geographic
Durante un incontro organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera, in occasione della sua mostra alla Villa Reale di Monza (dal 20 ottobre al 6 aprile), Steve racconta un pezzo della sua vita attraverso ogni immagine.

Bellissima la storia della ragazza con gli occhi verdi, la cui espressione su pellicola è diventata una celebre copertina del National (nella foto).

Corre l'anno 1985. Siamo in un campo profughi di afgani in Pakistan. Steve scatta la foto alla fanciulla in un attimo, consapevole di poter avere problemi, perché nei Paesi musulmani si possono fotografare soltanto uomini e bambini. Mai le donne. Soprattutto a volto scoperto. La ragazza non si accorge della macchina fotografica e clic. In un attimo quel volto diventa fermo nel tempo. per sempre.

"Dal 1985 a oggi, la gente continua a mandare lettere e mail alla redazione del National Geographic per sapere di quella foto" spiega McCurry.

La ragazza, Sharbat Gula, non ha idea della popolarità del suo volto. Mentre per il fotografo, quello scatto diventa un grande successo. E così 17 anni dopo, Steve decide di cercare Sharbat e la ritrova in Afghanistan. La incontra e le racconta la storia di quella immagine, famosa in tutto il mondo. Ormai lei è una donna e ha tre figlie. E, nonostante il "divieto", si lascia fotografare ancora senza velo.

"Che cosa posso fare per te?" chiede Steve a Sharbat.
"Dai un'istruzione alle mie ragazze" risponde lei.
 


Detto, fatto. Steve le ha comprato una casa, provvede all'educazione delle ragazze e ogni mese manda un assegno, assicurandosi che la famiglia stia bene. Un comportamento di grande generosità.

Non meno affascinante è  la storia dell'ultima pellicola Kodak prodotta nel 2010, ma questo è un altro post

27 ottobre, 2014

Un tempo felice

E poi, quando sei a terra, abbattuta e distrutta, arriva una canzone che ti rimette in piedi e ti ricorda la tua forza.

Le Parole Perdute - Fiorella Mannoia (Testo): http://youtu.be/dG4fbFrxUEk

26 ottobre, 2014

Ecco che cosa significa "sudare sul cuore"

 Un mese fa, una persona, parlando del modo di amare senza mostrarsi come si è realmente, ha usato un'espressione: "Si suda sul cuore" per indicare le difficoltà di un approccio non sincero al 100%. Ha detto: "Quando porti una maschera, sudi sul cuore". Non ho capito subito il significato di quelle parole. Eppure ci ho pensato parecchio. Soltanto quando ho provato una sensazione che immagino simile - anche se per motivi diversi - ho realizzato il senso.

Non sono sicura di poter spiegare il concetto di "sudare sul cuore" nel modo corretto. Posso scrivere che cosa ho provato nell'istante in cui è stato il mio cuore a sudare.

Sudare sul cuore vuol dire mentire a se stessi, perché la verità fa troppo male. E' il dolore che comanda e, per evitare che ci domini, ci ordina di scegliere la strada più facile da percorrere. Quella che ci graffierà appena, ma non ci farà sanguinare. Quella senza ostacoli, buche da saltare o montagne da scalare. Quella senza amore, perché non accettiamo che l'amore possa essere sofferenza e sacrificio.

Ma una definizione di questo genere  non è completa. Bisogna analizzare i motivi. E qui, si va sul complicato. Si arriva a sudare sul cuore quando si cerca di vivere secondo gli stereotipi delle persone razionali. Guai a mostrarsi non omologati agli altri, fuori da ogni standard, perché le stranezze o i comportamenti alienati fanno paura. E se sei incasinato forte, gli altri scappano. Gli altri, non tutti.

Di fronte a un "incasinato" non sono scappata. I sentimenti hanno vinto sulla ragione, ma questo non è bastato. Alla fine, distrutta, fatta a pezzi, ho mollato il colpo e mi sono arresa. Sconfitta. Mi sono arresa per limitare i danni. E che cosa ho ottenuto? Sul cuore ho sudato doppio.

Stasera ho sudato sul cuore. Quando ho dovuto sorridere a Gianluca che mi stava dando tutte le sue attenzioni, mentre avevo voglia soltanto di piangere per il mio amore ormai lontano. Quando mi sono concentrata sulle parole di Gianluca, mentre la mente vagava sul mio amore. Quando ogni sorso di vino insieme a Gianluca sapeva di cicuta. Quando ho lasciato il telefono sepolto in fondo alla borsa, invece di tenerlo in mano per whatsappare al mio amore per chiedergli "Come stai?". Quando ho guardato Gianluca e ho visto gli occhi del mio amore. Quando ho salutato Gianluca, invece di dirgli addio. Ecco, che cosa significa sudare sul cuore. Almeno per me.

23 ottobre, 2014

Fare il cavaliere non basta

La storia è questa. La mia amica Lisa incontra un uomo single a un evento. Durante la conversazione, Lisa non riesce a capire se lui è attraente o meno. E' il suo tipo? Hanno qualcosa in comune? E così scatta l'appuntamento. Si rivedono. La serata con lui non inizia bene. Lisa è annoiata, ma pensa: "Se mi apre lo sportello dell'auto, gli do una seconda chance". Che cosa succede? Lui le apre lo sportello. 

Lisa è compiaciuta del gesto e rimane colpita da tanti altri comportamenti da vero gentleman che lui sfodera in sua presenza durante la serata. Ma quando chiedo a Lisa che cosa intenda fare con il "cavaliere", ottengo una risposta secca: "Niente, troppo noioso".  

22 ottobre, 2014

Come capisci che si tratta di amore

A volte l'amore può essere confuso con la passione, la cotta o la semplice attrazione. Allora, come capisci che stai provando un sentimento vero, diverso dalla "sbandata"? Un segno è la sofferenza. E proprio dalla sofferenza che il protagonista di un romanzo (forse di Milan Kundera) capisce di amare. Il protagonista del libro non è abituato ad avere una donna intorno e quando questa donna si presenta a casa sua con la valigia, invadendo il suo spazio, non la sopporta. Vorrebbe mandarla via e non sa come fare. Le pensa tutte, ma nulla: non riesce a liberarsene. A un certo punto, la donna si ammala gravemente e lui pensa "non posso perderla". Ecco, l'immagine di lei morta, gli è insopportabile. Sta malissimo. E così capisce di amarla.

Non so se pensare al compagno/a morto/a è un buon metodo per capire se si ama o meno. E' un sistema come un altro. A volte basta molto meno. Per esempio, ti manca l'aria perché il partner è assente o sei preoccupato/a per qualcosa che riguarda soltanto lui/lei oppure hai paura che gli/le sia successo qualcosa di brutto e inizi a tremare. Tutte indicazioni di un sentimento. Un sistema assoluto non esiste. Come non esiste una verità assoluta. Ognuno di noi ha il suo sistema e le sue verità.

21 ottobre, 2014

Albert Einstein, la lettera alla figlia Lieserl

L'epistola di Einstein alla figlia è presa da un altro blog. Faccio soltanto un copia e incolla perché voglio tenerla tra i miei pensieri. Non me ne voglia chi l'ha pubblicata.
Non so se sia vera, ma è bellissima. Eccola:

Quando proposi la teoria della relatività, pochissimi mi capirono, e anche quello che rivelerò a te ora, perché tu lo trasmetta all'umanità, si scontrerà con l’incomprensione e i pregiudizi del mondo. Comunque ti chiedo che tu lo custodisca per tutto il tempo necessario, anni, decenni, fino a quando la società sarà progredita abbastanza per accettare quel che ti spiego qui di seguito.

Vi è una forza estremamente potente per la quale la Scienza finora non ha trovato una spiegazione formale. È una forza che comprende e gestisce tutte le altre, ed è anche dietro qualsiasi fenomeno che opera nell'universo e che non è stato ancora individuato da noi. Questa forza universale è l’Amore.

Quando gli scienziati erano alla ricerca di una teoria unificata dell’universo, dimenticarono la più invisibile e potente delle forze. L’amore è Luce, visto che illumina chi lo dà e chi lo riceve. L’amore è Gravità, perché fa in modo che alcune persone si sentano attratte da altre. L’amore è Potenza, perché moltiplica il meglio che è in noi, e permette che l’umanità non si estingua nel suo cieco egoismo. 
L’amore svela e rivela. Per amore si vive e si muore. Questa forza spiega il tutto e dà un senso maiuscolo alla Vita. Questa è la variabile che abbiamo ignorato per troppo tempo, forse perché l’amore ci fa paura, visto che è l’unica energia dell’universo che l’uomo non ha imparato a manovrare a suo piacimento. 
Per dare visibilità all'amore, ho fatto una semplice sostituzione nella mia più celebre equazione. Se invece di E = mc2 accettiamo che l’energia per guarire il mondo può essere ottenuta attraverso l’amore moltiplicato per la velocità della luce al quadrato, giungeremo alla conclusione che l’amore è la forza più potente che esista, perché non ha limiti. 
Dopo il fallimento dell’umanità nell'uso e il controllo delle altre forze dell’universo, che si sono rivolte contro di noi, è arrivato il momento di nutrirci di un altro tipo di energia. Se vogliamo che la nostra specie sopravviva, se vogliamo trovare un significato alla vita, se vogliamo salvare il mondo e ogni essere senziente che lo abita, l’amore è l’unica e l’ultima risposta
Forse non siamo ancora pronti per fabbricare una bomba d’amore, un artefatto abbastanza potente da distruggere tutto l’odio, l’egoismo e l’avidità che affliggono il pianeta. Tuttavia, ogni individuo porta in sé un piccolo ma potente generatore d’amore la cui energia aspetta solo di essere rilasciata. Quando impareremo a dare e ricevere questa energia universale, Lieserl cara, vedremo come l’amore vince tutto, trascende tutto e può tutto, perché l’amore è la quintessenza della vita
Sono profondamente dispiaciuto di non averti potuto esprimere ciò che contiene il mio cuore, che per tutta la mia vita ha battuto silenziosamente per te. Forse è troppo tardi per chiedere scusa, ma siccome il tempo è relativo, ho bisogno di dirti che ti amo e che grazie a te sono arrivato all'ultima risposta.
Tuo padre Albert Einstein

20 ottobre, 2014

L'incontro con un mito: John McEnroe

All'età di 12 anni avevo un mito: John McEnroe. Iniziavo a partecipare ai primi tornei di tennis e scalavo la classifica Fit (ero bravina). Al tempo, nonostante pesassi come una farfalla, mi ostinavo a giocare con la stessa racchetta di Supermac: una Max 200 G, pesantissima per il braccino di una ragazzina sottopeso.

McEnroe era il mio eroe. Sono cresciuta agonisticamente guardando i suoi match in tv (imitavo il suo movimento della battuta), e non posso dimenticare il divertimento di vederlo in campo con i ricci e quella fascia colorata un po' ridicola. Impossibile non ricordare poi i sorrisi che mi ha strappato quando da giovane top player ripeteva "shit" e litigava con arbitri e guardalinee.

Dal vivo ho visto giocare John soltanto una volta, nel 1987. In una delle poche occasioni in cui si è presentato al Foro Italico. Non amava la terra rossa. Non è mai stato competitivo su terreni lenti, per cui snobbava l'appuntamento italiano. Ma quell'anno sbarcava nella Capitale. Al torneo Atp di Roma del 1987 Mac si era iscritto alla gara di doppio con Paolo Canè. La coppia McEnroe-Canè non passava inosservata. Ad ogni punto Paolino sbraitava e insultava tutti e a John toccava il compito inusuale di "paciere". Quante risate! 

Dopo aver rivisto McEnroe qualche anno fa a Wimbledon (da lontano), presente al torneo londinese in veste di commentatore tv, ho avuto l'occasione di stringergli la mano proprio la settimana scorsa. L'immagine (con Goran Ivanisevic) testimonia l'incontro. Che emozione avvicinarlo e guardarlo in faccia da pochi centimetri! Con la stretta di mano, John non mi ha dato molta retta. Ha abbozzato un sorriso e non ha risposto al mio "Nice to meet you". Ma la stretta è stata forte. Purtroppo, Mac, oltre a porgermi la mano, non ha voluto fare una foto con me. Eppure, ho insistito parecchio. Niente. Mi devo accontentare del saluto. Il selfie è rimandato alla prossima occasione.

  

14 ottobre, 2014

Non esiste un vaccino contro il mal d'amore

"Non vederti più, farci una risata su. Non vederti più, già dimenticato pure tu". Così cantava Sergio Caputo negli anni '80 (dicendo "dimenticata"). Sarebbe bello allontanare dalla mente un amore finito con un semplice sorriso. Purtroppo non funziona. Anche se l'allegria aiuta lo spirito, per qualche secondo.

Con gli anni e le esperienze sentimentali vissute impari a sopportare meglio le pene d'amore. E ti illudi che il passato e le precedenti relazioni ti siano serviti per "vaccinarti" contro la sofferenza dovuta a una storia chiusa. Pensi che quando arriverà la prossima batosta di una separazione, soffrirai di meno. Sbagliato. Perché se il colpo è duro, l'esperienza non ti dà una mano. E' come cadere da una montagna: più sali in alto e più ti rompi quando caschi giù. 

E così, quando pensi  - grazie all'età - di poter contrastare facilmente, in un batter d'occhio, il momento difficile, combattendo un'unica battaglia, ti accorgi che la situazione è più grave di quella immaginata. Non c'è una sola battaglia da affrontare. Devi iniziare una guerra in piena regola contro il tormento sentimentale, tra pianti, mal di stomaco e inquietudine generale. Con ansia alle stelle, svogliatezza e malesseri di ogni genere. Il virus dell'amore non è lo stesso che avevi giù preso e curato. E' un virus diverso, per cui il vaccino non serve. Il sistema immunitario non riconosce il nuovo "ospite" e ti trovi a lavorarci su da zero.

Il mal di cuore ti spiazza. Non sai mai quanto tempo agirà sulla tua psiche e la tua anima. Lo devi vivere in pieno, altrimenti non ne salti fuori. C'è chi si butta nel limbo, come la mia amica Giulia che da oltre un anno si dispera ancora per l'ex, ormai idealizzato. In questo periodo, Giulia ha avuto altre relazioni, ma le lacrime sono sempre per quell'uomo perduto da 12 mesi e più. Da che cosa dipende questo comportamento? Non lo capisco. Perché lanciarsi in storie che non hanno né capo né coda? Un altro uomo, se non è quello giusto, non è la risposta. Ti fa stare soltanto peggio.

Quello che so è che voglio reagire contro il dolore che ho nel cuore. Voglio mettere in campo tutte le armi in mio possesso per stare bene e riprendermi. Per tornare a sorridere con leggerezza. Il metodo? Buttarsi sul lavoro, incontrare gente nuova, uscire, coltivare interessi, cercando di non rimuginare sul passato. Alla fine, mi voglio troppo bene per non scrollarmi di dosso la negatività. Certo, la guarigione ha il suo iter, lo accetto. Domani non starò bene. Ma intanto provo a sorridere, vado avanti, sperando che la vita mi riservi innumerevoli e meravigliose sorprese.


10 ottobre, 2014

La felicità dura tre giorni

Sappiamo tutti che la felicità non è uno status permanente. E' questione di attimi, tra momenti di noia, apatia, menefreghismo, relax, sofferenza e molto altro ancora. Da non confondere con il semplice "star bene" o essere in armonia con se stessi e gli altri. Tutta un'altra storia.

La vera felicità, quella totale, assoluta, al 100%, nel mio caso è durata tre giorni. In mezzo tanta angoscia e dolore. Non credevo che potesse esistere la gioia infinita, senza confini. Roba da sogno, da film di Hollywood, ma non da realtà. Eppure l'ho provata, grazie a Luca.

Luca, conosciuto per caso. Intrigante, carino e non troppo normale, mi ha fatto questo regalo: la piena e completa felicità. Per la durata di 72 ore, non di più. Insieme a lui ho vissuto i momenti più belli di tutta la mia vita. Per questo dono non finirò mai di ringraziarlo.

Luca, problematico al limite dell'asociale, ha acceso la miccia e sono esplosa. Non so come, mi sono lasciata andare completamente e ho toccato il cielo con un dito. Anzi, ho superato abbondantemente i "Tre metri sopra il cielo".

Con tanta felicità in corpo è stato naturale innamorarsi di lui. E anche se adesso è scappato, spaventato dai miei sentimenti, da me o da altro, mi ha lasciato il cuore gonfio d'amore. Luca è il mio primo pensiero al mattino e l'ultimo prima di chiudere gli occhi. E' con me in ogni istante della giornata, mentre lavoro, scherzo e parlo con gli amici. Non mi abbandona mai.

Sì, lo amo. Lo amo al punto da desiderare il suo bene al di sopra del mio. Al punto da lasciarlo andare. Libero. Perché anche lui trovi quella felicità che io ho vissuto e non ho saputo trasmettergli.

Lo amo al punto che sacrificherei tutto per lui, senza chiedere nulla. Al punto da mettermi in disparte (l'ho tolto da Facebook per farlo sentire svincolato e non controllato). Al punto da rimanere in silenzio, lontana. Perché l'amore è questo: assenza di qualsiasi egoismo. Il risultato di un amore così - unilaterale e senza possibilità di crescita - è un dolore misto al piacere di rendere felice l'altro. Difficile da sopportare e comunque necessario per sentirsi vivi.