16 febbraio, 2007

Niente trucchi da quattro soldi


"Per imparare a scrivere leggete la cronaca nera". Lo ha detto un esperto, uno che con le parole ci campa da prima della mia nascita. Un dogma da prendere sul serio, se ti mancano idee e voglia di sperimentare. Ma la frase ha un qualcosa di stonato. In verità non sono tanto d'accordo: la cronaca è espressione asettica e quando perde questa dimensione diventa umorale e di parte. Intollerabile per i deboli di stomaco.
Per imparare, non disponendo di un maestro, ho arruolato Carver. Come rimanere impassibili davanti a un suo racconto? Le pagine dello scrittore ti segnano, ti scavano dentro aiutandoti a riflettere. Guardi il suo lavoro e pensi: "Anche un bambino è in grado di buttar giù questo resoconto...". Poi lo osservi meglio, lo analizzi calcolando virgole e termini come in un'equazione matematica. Oddio quante variabili! Ne ho dimenticata qualcuna? Così scopri il sottobosco fertile di sudore: la precisione del linguaggio, l'espressione scarna, semplice e al tempo stesso efficace, le frasi perfette. Centro. Ancora però hai dubbi: "E' davvero l'esempio da seguire?". Per convincerti, ti tuffi su qualche frase ad effetto presa a caso nel pamphet Niente trucchi da quattro soldi, azzerando le regole che hai costruito in anni di carriera. Quando ne esci sei ancora più convinto di prima: hai trovato la soluzione.
E per favore non chiamatelo minimalista, si arrabbierebbe. Semmai realista.

15 febbraio, 2007

Attenzioni particolari


In aeroporto: "Signorina, se vuole le do un passaggio in centro".
"No, grazie. Prendo i mezzi".
Per strada: "Sei carina!"
Mi giro e semplicemente lo fulmino con gli occhi.
Ma che c'è, si avvicina la primavera e aumenta la carica di testosterone?

Conto alla rovescia

Pochi giorni e sarò a Milano. Città nuova, lavoro nuovo, vita nuova. E spero anche amore nuovo! Per il momento festeggio. Ieri, San Valentino, ho brindato con l'ex e con gli amici - ci siamo scolati 10 bottiglie tra bianco, rosso e moscato - oggi, San Faustino protettore dei single, mi limiterò a stappare i San bitter snobbati.
Comunque, Cin!

14 febbraio, 2007

O tell me the truth about love

Some say that love's little boy,
And some say it's a bird,
Some say it makes the world go round,
And some say that's ansurd,
And when I asked the man next-door,
Who looked as if he knew
His wife got very cross indeed,

And said it wouldn't do.

Does il look like a pair of pyjamas,
Or the ham in a temperance hotel?
Does its odour remind one of llamas ,
Or has it a comforting smell?
Is it prickly to touch as a hedge is,
or soft as eiderdown fluff?
Is it sharpor quite smooth at the edge?
O tell me the truth about love.

Our history books refer to it
In cryptic little notes,
It's quite a common topic on,
The Transatlantic boats;
I've found the subject mentioned in
Accounts of siucides,
And even seen it scribbled on
The back of railway-giudes.

Does it howl like a hungry Alsatian,
Oo boom like military band?
Could one give a first-rate imitation
On a saw oe a Steinway Grand?
Is its singing at parties a riot?
Does it only like Classical stuff?
Will it stop when one wants to be quiet?
O tell me the truth about love.

I looked inside the summer-house;
It wasn't ever there:
I tried the Thames at Maidenhead,
And Brighton's bracing air.
I don't know what the blackbird sang ;
Or what the tulip said;
But it wasn't in the chicken-run,
Or underneath the bed.

Can it extraordinary faces?
Is it usually sick on a swing?
Does it spend all its time at the races,
Or fiddling with pieces of tring?
Has it views of its own about money?
Does it think Patriotism enough?
Are its stories vulgar but funny?
O tell me the truth about love.

When it comes, will it come without warning
Just as I'm picking my nose?
Will it know on my door in the morning,
Or tread in the bus on my toes?
Will it come like a change in the weather?
Will its greeting be courteous or rough?
Will it alter my life altogether?
O tell me the truth about love.

(W. H. Auden)

05 febbraio, 2007

La carezza che viene da lontano


Credere nelle coincidenze non fa parte del mio carattere.
Così come escludo l’esistenza del colpo di fulmine, ma quel giorno è successo qualcosa di strano. Seduta comoda sul divano con le gambe accavallate e i piedi all’insù, svolgevo il mio rito quotidiano preferito: sfogliare il giornale.

So sempre su quale pagina fermare lo sguardo, a seconda del giorno, e in genere salto la politica: troppo noiosa e poi ci capisco poco. Ma quel giorno i miei occhi vengono rapiti da un incipit magico a pagina 7. Senza rendermi conto sto leggendo un articolo sulle elezioni, e mi piace, mi appassiona, sembra quasi un racconto. Vado fino in fondo, stupita: “Questo tizio dovrebbe fare lo scrittore, non il giornalista” mi ripeto. Non esito un attimo: mi metto al computer e gli scrivo una mail di elogi. Mai avrei pensato nella sua risposta immediata. I ringraziamenti dell’uomo al di là della rete sono conditi da consigli simpatici sulla scrittura, la soggettività dell’approccio con le parole, l’esperienza del cronista, ecc. “Tu devi scrivere come te. Chissenefrega di come scrivo io!”, mi bacchetta subito dopo un mio complimento esagerato.

Le nostre mail si succedono, si inseguono, tutti i giorni. E gli argomenti sono vari, ma mai seri. Siamo noi, io e honey. Sì, honey, l’ho ribattezzato così. Noi due comunichiamo senza conoscersi, ci nutriamo delle nostre frasi, prendendoci in giro all’occorrenza. Non ci serve sapere altro. Chi siamo non importa.

Passano i mesi e honey diventa parte della mia giornata, mi ascolta e ribatte in tempo reale. Chattiamo cavalcando la notte, entrambi insonni, entrambi alla ricerca di compagnia e conforto.
Le sere più piacevoli iniziano con la sua freddezza quando tocco il tasto sesso. Lo provoco, voglio sapere delle donne che frequenta, se lo attira il tipo formosa-siliconata, o semplice “acqua e sapone”, ma non c’è verso di farlo parlare. Rigido sulla tastiera, mantiene il suo aplomb. La sua dolcezza nel tentare di cambiare argomento quasi mi commuove. Possibile che sia così tenero? Difficilmente si arrende alle domande scomode, soprattutto a quelle intime. Lui scivola via, glissa, sa muoversi nei meandri della retorica, a zig zag, come lo slalomista vincitore dell’ultima Olimpiade, e tace sugli argomento piccanti. L’ondeggiamento perfetto delle sue frasi diversive ha la capacità di stordirmi. Mi sto accorgendo che honey ha un potere su di me. Mi condiziona nelle scelte, mi conforta nei momenti difficili. Un potere che subisco passivamente come una lunga carezza che viene da lontano. Solo lasciandomi andare, piano piano scopro le sue fragilità. Finalmente un uomo che non si vergogna di piangere.

Hooligans

La mia disavventura con gli hooligans è datata più o meno un lustro fa. Allora sono stata fortunata perché ne sono uscita intatta. Nessuno sta piangendo la mia dipartita, come succede a Catania in questo momento. Il ricordo di quel giorno è ancora nitido, trattenuto nella memoria con forza per via dello spavento, ma i contorni mi sfuggono, quasi si trattasse di un racconto di fantasia dove io rappresento la voce fuori campo.
Ricordo che faceva freddo e la Juve era alle prese con la ennesima partita di Champions in casa. Torino brulicava di inglesi, ultras allegri e alticci come vuole la tradizione, e coloratissimi. Camminando per le vie del centro, guardavo quei volti rossi di birra: "Simpatici" dicevo tra me e me, e con il sorriso ascoltavo da lontano i cori stonati. Mai avrei pensato di essere il bersaglio di uno di loro, finché su un marciapiede stretto mi sono imbattuta in un gruppetto. I ragazzi che vengono verso di me sono giovanissimi - a occhio e croce hanno appena festeggiato la maturità - sforniti di quella peluria scura e spessa che contraddistingue le guance degli adulti. Tra loro anche pulzelle dalle chiome lunghe. Il mio passo è sicuro, ho fretta e mille commissioni da sbrigare, non faccio caso ai volti che si avvicinano. Ad un tratto alzo gli occhi e vedo un gomito che sta per colpirmi. Mi scanso, cerco di evitarlo, però è tardi, quel braccio piegato mi è addosso e impatta sulla mia gola. Un dolore fortissimo. Non respiro e cado a terra, mentre loro proseguono come se niente fosse successo. Mi prende il panico. Ho paura, gli occhi sbarrati, e ancora non respiro... Nessuno si accorge del fatto, neanche i commercianti con le vetrine sul posto. Solo il ragazzo dell'agenzia di viaggio mi vede a terra e mi viene in soccorso.
La presenza di quella mano amica mi conforta al punto che i polmoni riprendono il loro lavoro. Certo, un livido sul collo guarisce in fretta, non ci sono altri danni. Questo perché mi sono scansata altrimenti avrei preso la botta in faccia e magari adesso starei in pena per un naso rotto. E' andata così.
Ufff! Mi domando: cosa c'entro io con gli hooligans e il calcio? Non capisco. Forse dovrei cantare con De Gregori: "E non c'è niente da capire..."